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La Città Senza Nome (2° Parte)



Nel 1932 l’esploratore britannico St John Philby consigliere dell’emiro Aziz bin Saud a Riyadh, sentì per la prima volta la storia di Ubar dalla sua guida beduina che gli raccontò di un luogo con castelli in rovina dove il re di Aad aveva sistemato i suoi cavalli e alloggiava le sue donne prima di essere punito per i suoi peccati venendo distrutto dal fuoco divino. Con l’intento di confermare la sua reputazione di grande esploratore, Philby andò alla ricerca della città perduta di Ubar ma, invece di trovare le rovine dei castelli di re Shaddad bin Aad, scoprì il cratere meteoritico di Wabar presso al Hadidah in Arabia Saudita descrivendolo come un vulcano spento semisepolto nelle sabbie o, forse, i resti di un impatto di meteoriti.


Anche l’esploratrice Freya Stark, dopo aver localizzato la mitica “valle degli Assassini” in Iran ando’ a dorso di cammello tra le grandi dune del deserto alla ricerca di Ubar. Quando Freya Stark consultò le opere dei geografi arabi, trovò una vasta gamma di opinioni sulla posizione di Wabar: Yaqut dice: "Nello Yemen è la terra di Wabar"; El-Laith, citato da Yaqut, la colloca tra le sabbie di Yabrin e dello Yemen; Ibn Ishaq tra "Sabub (sconosciuto a Yaqut e Hamdani) e l'Hadhramaut; Hamdani, persona molto affidabile, riteneva che si trovasse tra Najran, Hadhramaut, Shihr e Mahra; Yaqut, presumibilmente citando Hamdani, la pose tra i confini di Shihr e San'a, e poi, basandosi sugli scritti di Abu Mundhir, tra le sabbie di Sa'd (vicino a Yabrin) e Shihr e Mahra. Abu Mundhir la mette tra Hadhramaut e Najran". Con prove del genere," concluse la Stark "Sembra che sia possibile per Thomas e Philby trovare ciascuno Wabar in un angolo opposto dell'Arabia."

La storia della città perduta nelle sabbie affascino’ tutti gli esploratori del Rub’ al Khali. Nella primavera del 1946 l'esploratore inglese Wilfred Thesiger percorse la pista che portava alla città perduta arrivando fino ad un pozzo chiamato da i beduini “Shisr” (nel dialetto locale “spaccatura nella roccia”). Sopra alla sorgente d’acqua trovo’ i resti di una costruzione che descrisse come: "le rovine di un rozzo fortino di pietra su uno sperone di roccia". Il pozzo era l'unico luogo di abbeveramento permanente nella zona e, essendo l’acqua una risorsa indispensabile per le popolazioni del deserto, il controllo della sorgente aveva scatenato feroci scontri tribali nel passato. Thesiger notò che intorno alla sorgente si trovavano abbondanti frammenti di ceramica pre-islamica. L’impresa fu raccontata nel suo capolavoro “Arabian sands”.

Nel marzo del 1948 alcuni geologi in ricognizione per conto della Petroleum Development (Oman and Dhofar) Ltd, una società collegata alla Iraq Petroleum Company, si avvicinarono a Shisr da sud, lungo Wadi Ghudun. La prima cosa che videro di Shisr fu una parete bianca in lontananza. Quando si avvicinarono, videro che si trattava del muro di un forte in rovina costruito sopra una grande depressione simile a una cava, il cui ingresso era coperto da una duna di sabbia. Il forte era stato costruito con blocchi squadrati della stessa roccia bianca della formazione che lo sosteneva, dando l'impressione di un'unica struttura.



I geologi non furono impressionati dai resti architettonici. Shisr era solamente una sorgente di difficile accesso come tante altre, dalla quale le loro guide impiegarono tre giorni per estrarre l’acqua necessaria ad abbeverare i dromedari della spedizione. Uno dei geologi osservo’: "Non ci sono case, tende o persone qui: solo le desolanti rovine di un forte preislamico". Nel 1953, Wendell Phillips, giovane archeologo americano al quale il Sultano Said aveva garantito la concessione per lo sfruttamento del petrolio nel Dhofar in maniera del tutto casuale, spinto da un’istintiva fiducia nell’uomo più che dalle sue competenze nel campo, si mise alla ricerca della pista di Thomas, ma non fu in grado di seguirla a causa delle soffici sabbie che rendevano impossibile l’avanzamento della sua Land Rover. (continua...)

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