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Maurizio Tosi genius loci di ras al jinz




Era una calda notte di fine maggio del 1944 quando nell’atrio dell’ospedale di Zevio, in provincia di Verona, Italia, venne alla luce un bimbo di 5,200 chili che venne battezzato con il nome di Maurizio. Non era trascorso nemmeno un anno dalla fondazione della Repubblica di Salò (23 settembre 1943), gli aerei americani B-17F appartenenti al 2nd Bomb Group del NASAF, il complesso delle forze aeree americane stanziate nell’Africa settentrionale (North African Strategic Air Forces) avevano il compito di bombardare tutte le vie di comunicazione della sede temporanea della Repubblica di Salò. Strade, ponti, aeroporto e l’importante snodo ferroviario di Verona vennero devastate durante i 600 giorni della Repubblica Sociale Italiana. Nelle strade imperversava la lotta armata tra i partigiani ed i repubblichini e negli incubi di tutti riecheggiavano gli ululati degli aerei bombardieri in virata ed il fischio sinistro delle bombe sganciate che annunciava morte e distruzione.

Il padre, Luca Tosi, funzionario del Ministero delle Comunicazioni, si era trasferito in provincia di Verona al seguito della RSI per recitare la sua parte nella commedia della vita, era preoccupato per la sorte del suo Paese e per quella della giovane moglie, Wilde Rossi (il cui padre della madre di suo padre era il famoso poeta irlandese Richard Henry Wilde), giunta al termine di una difficile gravidanza e minacciata dalle leggi raziali che elencavano il cognome “Rossi” come di probabile discendenza ebraica.

La famiglia lasciò Zevio nel marzo del 1945, pochi giorni prima che l’offensiva della primavera sul fronte italiano della 5ª Armata statunitense e dell'8ª Armata britannica sferrato il 6 aprile 1945 mettesse definitivamente fine allo Stato Fantoccio della RSI. Si trasferirono temporaneamente a Napoli, dove risiedevano entrambe le famiglie d’origine, per stabilirsi in seguito a Roma.

A Roma Maurizio Tosi segui con scarso profitto la scuola elementare e media. Era più alto e più grosso dei suoi compagni e la famiglia lo spingeva a mantenere un basso profilo per timore di rappresaglie post-belliche. Non era un allievo brillante, fino al IV ginnasio, quando scrisse un tema dal titolo “le guerre puniche” immedesimandosi in un soldato cartaginese in fuga dalle rovine della città distrutta dall’esercito romano nel 146 a.C. al termine di una lunga e devastante guerra.

Quel tema, scritto quasi per caso, dava voce alla fertile immaginazione di Maurizio e segnò una svolta nella sua vita: venne letto pubblicamente e suscitò ammirazione nei suoi insegnanti infondendo in lui l’autostima che la vita non gli aveva, fino ad allora, dato.

Nonostante la brillante carriera degli anni successivi restò in Maurizio la sensazione che il successo fosse soltanto frutto del caso e che prima o poi qualcuno lo avrebbe smascherato, come nella famosa fiaba I vestiti nuovi dell'imperatore scritta da Hans Christian Andersen, quando un bambino che assiste alla sfilata, privo di malizia e di sovrastrutture dichiara; “il re è nudo”.

Completò il suo corso di studi laureandosi con onore nel 1966. In quello stesso anno Il Prof. Giuseppe Tucci, allora presidente dell’Istituto di Studi per l’Estremo e Medio Oriente (IsMEO), tornava da un viaggio nel Sistan Iraniano dove, lungo il corso del fiume Helmand, lungo la strada che congiunge Zahedan a Zabol, nella regione del Sistan e Baluchistan, aveva scoperto una infinita distesa di frammenti ceramici. Il Prof. Tucci pensava che si trattasse di un sito completamente eroso dalla forte azione del vento e scelse tra i giovani neolaureati che frequentavano l’IsMEO qualcuno dalla corporatura robusta e dal carattere indomito per andare ad esplorare il sito. La sua scelta cadde sul giovane Maurizio Tosi che con la sua altezza sovrastava di parecchio la statura del prof. Tucci e garantiva pertanto la resistenza fisica necessaria per addentrarsi nel deserto salato del Sistan.

Già dalle prime campagne di scavo, iniziate nel 1970, Maurizio Tosi ed il team interdisciplinare da lui guidato scoprirono che la superficie del sito di Shahr-i Sokhta era in realtà soltanto uno strato di concrezione salata che nascondeva il deposito intatto di una delle più antiche e ampie città del mondo, sviluppatasi intorno al 3200 a.C.

A metà degli anni ’70, inizio della rinascita dell’Oman, il Sultano rivolse l’attenzione al ricchissimo patrimonio archeologico del Paese costituendo il Dipartimento delle Antichità del Ministero della Cultura. Il Dipartimento organizzò le prime ricognizioni archeologiche del Paese invitando i giovani studiosi più promettenti dell’Università di Harvard che avevano scavato nel Sistan Iraniano. Tra loro venne invitato anche Maurizio per le sue conoscenze acquisite durante la sua esperienza in Iran. Durante la prima ricognizione effettuata il Prof. Maurizio Tosi si recò sulla piattaforma rocciosa di Ra’s al Hamra, dove inizia la lunga serie di falesie e piccole spiagge densamente popolate in epoca preistorica, per convalidare le primissime osservazioni fatte dal Dr. Rudi Jäckly, ex direttore del PDO e J. Jennings nel 1973.

Sul sito stavano scavando la fossa di fondazione di un edificio e dalla sezione esposta emergeva chiaramente una sepoltura con tanto di corredo funerario. Maurizio ha immediatamente fermato lo scavo per poter effettuare un’indagine di emergenza, mentre il direttore delle antichità che lo accompagnava, Prof. Paolo Costa, che parlava correntemente arabo, chiedeva a chi appartenesse il terreno dove stavano costruendo. Il terreno e la casa in costruzione appartenevano a Sua Altezza Sayyid Faisal, zio del Sultano e ministro della cultura.

Maurizio decise di parlare con Sua Altezza ed ottenne il permesso per interrompere i lavori di sbancamento e fare uno scavo di emergenza della tomba tagliata dall’escavatore. Lo scavo, durato quattro giorni, mise in luce l’esistenza di una popolazione fino ad allora sconosciuta, che occupò dal VI al IV millennio a.C. l’area intorno alla foce del Wadi Aday vivendo dello sfruttamento delle enormi risorse naturali che si aprivano a 360’ intorno ad essi.

Maurizio riuscì a sensibilizzare il Ministro della Cultura e le istituzioni italiane per iniziare un progetto di scavo e di ricerca finanziato dall’Istituto Universitario Orientale di Napoli, dall’IsMEO (Istituto di studi per il Medio ed Estremo Oriente), dal Ministero degli Esteri italiano e 10.000 dollari “cash” offerti dalla Fondazione Gulbenkian. Il Ministero della Cultura omanita fornì una automobile e, dall’anno seguente, un appartamento in un edificio della vecchia Muscat, a pochi passi dal palazzo di al Alam, quando ancora l’antico nucleo era circondato dalle vecchie mura in mattoni di argilla ed resistevano al tempo le due porte, bab al seghir (porta piccola) e bab al kebir (porta grande) che, fino a 12 anni prima venivano chiuse ed aperte in concomitanza con le due preghiere principali: al fajr (alba) e magreb (tramonto).

Nello stesso anno, mentre Maurizio Tosi e i membri della Missione Archeologica italiana, avanzavano faticosamente tra le acque fangose del mangroveto di Qurum alla ricerca di tracce dei primi abitanti, videro un enorme bulldozer che stava sbancando un monticolo di conchiglie antico per spianare quella brutta irregolarità nel terreno e, forse, rendere idoneo il posto per ulteriori costruzioni. Maurizio e Francesco Durante, malacologo, si resero immediatamente conto che si trattava di un deposito archeologico e riuscirono ad interrompere in tempo la distruzione di quello che a tutt’oggi è ancora il sito più antico scoperto sulle coste dell’Oman.

Il sito di RH-6, datato tra il VI ed il V millennio a. C., si trova al centro del vortice di risorse offerte dall’ecosistema di Qurum. Si tratta di un insediamento stagionale di cacciatori (pescatori) – raccoglitori che hanno frequentato il sito per oltre un millennio costruendo di volta in volta le loro capanne sul monticolo di conchiglie creato dagli scarti della stagione precedente.

La prima missione di scavo vera e propria iniziò il 2 gennaio del 1981. La mattina stessa dell’arrivo Maurizio ed alcuni membri della missione andarono a vedere il sito di RH 5, che si presentava come una grande macchia di deposito di colore scuro sulla superficie rossastra del terrazzamento che funge da perno tra la costa sabbiosa della Bathina e le falesie della Sharkia. Bellissimo. Emozionante. La superficie era soffice, come se nessuno l’avesse calpestata da quando la sabbia portata dal vento aveva coperto, nel corso dei millenni, i resti abbandonati dai pescatori preistorici che lì avevano vissuto, lavorato, amato, forse combattuto, in quel posto sconosciuto che per loro era diventato “casa” e dove avevano seppellito i loro cari.

All’imbrunire del giorno di natale del 1981, Maurizio Tosi, e la giovane moglie Dott.ssa Geraldina Santini, anch’essa archeologa, passeggiavano sulla superficie intatta di un sito presso Ras al Jinz (“Punta degli spiriti”) che è il capo estremo orientale di tutta la Penisola Arabica. Erano stati guidati dal Prof. Paolo Costa, per avere un’opinione sull’importanza dei numerosi siti individuati nella zona. Stavano semplicemente facendo una passeggiata di ritorno verso il campo allestito presso la spiaggia, al riparo della grande mesa di arenaria rosata e della grande porzione di roccia distaccata ed erosa dal vento. Con la luce del sole radente alla superficie che allunga le ombre ed enfatizza i colori, notarono un frammento di ceramica rossa. Il Prof. Tosi riconobbe immediatamente che si trattava di un frammento ceramico che riportava alcuni caratteri graffiti appartenenti alla scrittura della Civiltà dell’Indo o Harappana. La scoperta di un frammento di epigrafe proveniente dal paese di Meluhha sulle sponde di Magan (così erano chiamati rispettivamente la valle dell’Indo e l’Oman nei testi cuneiformi del III millennio a.C.) era di importanza eccezionale perché’ rappresentava una prova di contatti commerciali tra le due sponde del Golfo di Oman. Certo, poteva trattarsi di materiale “erratico” portato dalle correnti o da qualche pescione onnivoro, ma restava pur sempre una grande scoperta che doveva essere approfondita.

Si era ormai fatto buio e non si poteva procedere con una documentazione accurata del reperto e così, dopo aver segnato la posizione del coccio, tra la meraviglia e l’eccitazione tornarono al campo. La mattina seguente, al sorgere del sole, mentre si procedeva alla documentazione del frammento di vaso contenente l’iscrizione, Maurizio e gli altri archeologi della missione iniziarono un’indagine di superficie mettendo in luce una porzione di muro costruita con mattoni di fango essiccati al sole, la stessa tecnica di costruzione utilizzata nelle meravigliose città della Civiltà dell’Indo, Mohenjodaro e Harappa: prova inconfutabile che il frammento ceramico era associato ad un edificio con influenze architettoniche harappane. Fu una giornata memorabile ed i pochi membri della Missione Archeologica Italiana rientrarono a Muscat, dove si stava svolgendo la seconda campagna di scavo del sito di Ras al Hamra 5 pieni di progetti, aspettative e sogni. Avevano fatto una scoperta importante.

Come sosteneva Lawrence d’Arabia:

“Tutti gli uomini sognano ma non allo stesso modo. Quelli che sognano di notte nei polverosi recessi delle loro menti si svegliano al mattino per scoprirne la fatuità, ma i sognatori di giorno sono persone pericolose, perché possono agire sul loro sogno con occhi aperti, per renderlo possibile.”

Maurizio era una persona “pericolosa”.

Dal giorno successivo si impegnò nella organizzazione di una missione di ricerca multidisciplinare nel sito di Ras al Jinz ed in tutta l’area di Ras al Hadd e del Ja’alan. Il progetto venne avviato quattro anni dopo ed è ancora in corso. Molti studiosi internazionali ne hanno fatto parte ed i risultati ottenuti nel corso di queste oltre tre decadi sono stati fenomenali.

Da allora Maurizio Tosi, professore ordinario dal 1981, ha coperto numerosi incarichi: fino al 1994 la cattedra di Preistoria e Protostoria dell'Asia presso l'I.U.O. di Napoli e dal 1994 al 2014 la cattedra di Paletnologia presso l'Università di Bologna, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. La sua principale specialità sono stati i processi formativi delle società complesse e lo sviluppo della ricerca archeologica per la definizione di tali processi. Dal 1967 ha diretto progetti di ricerca sul campo per l'IsIAO, spesso in collaborazione con numerosi Istituti Europei ed Americani in Iran, Oman, Pakistan, Turkmenistan, Yemen e nelle regioni asiatiche della Federazione Russa. Dal 1985 Maurizio Tosi è stato co-direttore di un programma di ricerca internazionale mirato allo studio dell'origine della navigazione e del commercio di lunga distanza nell'Oceano Indiano. Nel 2011 il Prof. Tosi ha assunto il ruolo di consigliere per l’archeologia di Sua Altezza il Ministro dei Beni Culturali, attuale Sultano dell’Oman. Studioso di paleo economia e dell'organizzazione sociale dei popoli asiatici nella preistoria, Maurizio Tosi non ha abbandonato mai l’abitudine iniziata con un tema di IV ginnasio ad identificarsi nei personaggi che hanno fatto la storia ed ha indirizzato gran parte delle sue attività allo studio del rapporto tra popolazione e risorse nella ricostruzione sistematica dei paesaggi antichi.

Le importanti scoperte fatte nel corso dei quasi quarant’anni nel Paese hanno portato l’Oman alla ribalta nella discussione archeologica a livello mondiale. Ha svelato al mondo accademico una via alternativa al processo di civilizzazione come mostrato dalle città stato mesopotamiche, basato più sull’adattamento delle società antiche all’ambiente circostante che non sul controllo dei fenomeni naturali.

Il suo incessante entusiasmo ha formato una generazione di giovani studiosi che continueranno la ricerca sempre guidati dall’instancabile desiderio di conoscenza instillato dal loro maestro. La figlia Alice, che ha seguito i genitori sugli scavi archeologici fin dalla più tenera età, attualmente dirige Dhofar International Tourism che organizza viaggi nel Sultanato avendo come obiettivo la promozione di un turismo sostenibile di alto livello culturale per divulgare la conoscenza della storia e della cultura del Paese.

Maurizio Tosi si è spento inaspettatamente il 24 febbraio 2017 a Ravenna, a meno di 200 chilometri dal luogo in cui era nato. Nel corso dei suoi 72 anni di vita ha viaggiato nello spazio, coprendo il mondo intero, e nel tempo, racchiudendo in meno di ¾ di secolo lo studio di circa 8 millenni di storia dell’umanità.

Il suo ultimo desiderio è stato che le sue ceneri venissero poste in un piatto, sul capo di Ras al Jinz, la punta più orientale della Penisola Arabica, affinché’ il monsone nordorientale le disperdesse sulla terra che lui ha scoperto come il punto più significativo dei rapporti commerciali tra Magan e Melukha. I’8 dicembre 2018, mentre i venti invernali che si erano gonfiati sulle cime dell’Himalaya, spazzavano il capo di Ras al Jinz la famiglia ed alcuni amici si sono raccolti al tramonto per accompagnare la dispersione nel vento dei resti materiali di Maurizio.

Le sue scoperte, i suoi studi, i molti progetti da lui realizzati in Oman hanno creato le basi dell’archeologia nel Paese. Il suo nome sarà ricordato a lungo dalle generazioni di studiosi a venire e Maurizio resterà vivo nella memoria di chi resta.

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